La parodontite è una malattia molto frequente che può colpire tutte le fasce di età. In termini di frequenza è la sesta malattia cronica più presente nella popolazione.
È stimato che al di sopra dei 50 anni in Italia un soggetto su due abbia segni di malattia e al di sopra dei 70 anni più di due su tre. Può insorgere anche in giovane età e si mostra in forma aggressiva nel 15 % dei casi. Costituendo una delle principali cause di perdita dei denti è importante prevenirla, curarla e gestirla nel tempo e di questo si occupa la parodontologia.
È una malattia batterica che determina la perdita del tessuto di supporto del dente. Noi sappiamo che i denti sono sostenuti da un apparato di attacco: il parodonto (la gengiva, il legamento parodontale, il cemento della radice e l’osso).
Quando il parodonto viene interessato dalla malattia possono essere a rischio la stabilità ed il mantenimento del dente stesso. La malattia riconosce fattori di rischio quali: placca batterica, fumo, diabete, stress, ricostruzioni odontoiatriche non adeguate. Questi fattori si possono influenzare e questo è il compito del professionista con l’aiuto del paziente.
Alcune domande frequenti che vengono rivolte al nostro parodontologo.
La suscettibilità genetica è uno dei fattori principali e tra l’altro non è modificabile; a maggior ragione un paziente con una storia di parodontite in famiglia deve sottoporsi ad una visita parodontale per comprendere lo stato di salute e soprattutto per impostare un programma di prevenzione in cui i fattori di rischio modificabili vengano controllati in modo rigoroso nel tempo.
La malattia è silente per cui spesso i sintomi arrivano tardi. È frequente il paziente giunga all’osservazione con il dente che si muove oppure che si è spostato. Ciò è determinato da una notevole riduzione del supporto che non è più in grado di mantenere fisso e stabile il dente. Il primo sintomo per cui allarmarsi è sicuramente il sanguinamento, espressione dell’infiammazione gengivale.
Questa è una domanda frequente a cui il parodontologo deve rispondere. L’infiammazione può essere superficiale (gengivite) oppure più profonda (parodontite) ed è quindi importante fare una diagnosi di certezza. Spostamento e mobilità dentale, sanguinamento ma anche l’alitosi sono segnali di allarme.
Anche in questo caso il parodontologo deve verificare se questo è legato alla malattia parodontale oppure ad un trauma (ad esempio uno spazzolamento con una tecnica non adeguata).
La conseguenza più temuta è la perdita del dente. Altri esiti della malattia sono processi infettivi ricorrenti, alito sgradevole, spostamento e mobilità dei denti. Questi segni clinici determinano incapacità di masticare e di sorridere e quindi influenzano in modo importante la qualità di vita del paziente.
Lo sapevi che la parodontite è correlata ad altre malattie croniche? È dimostrato che la parodontite è legata ad altre malattie croniche (malattie cardiovascolari, malattie dismetaboliche, diabete, parti pre-termine). È quindi importante curare la malattia parodontale proprio per preservare la salute generale.
La miglior cura è la prevenzione. Tutti i pazienti dovrebbero sottoporsi ad una visita parodontale, nella quale in pochi minuti è possibile conoscere il proprio stato di salute (il PSR è un test di screening rapidissimo e non invasivo).
Quando la malattia è in fase iniziale si parla di gengivite che è una infiammazione superficiale dei tessuti che circondano il dente. La rimozione della placca e la corretta istruzione all’igiene orale a casa determinano una completa guarigione senza alcun esito.
Qualora la diagnosi fosse più tardiva e ci si trovasse di fronte alla parodontite, la cura prevede una fase iniziale sempre con l’obiettivo di ridurre lo stato infiammatorio a cui può seguire, in alcune situazioni, una fase chirurgica.
La chirurgia parodontale può correggere gli esiti della malattia agendo sia sui tessuti duri che sui tessuti molli; inoltre in alcuni casi può andare a rigenerare i tessuti persi. Il parodontologo si occuperà della salute del paziente anche durante la terapia di mantenimento e seguirà il paziente durante tutta la vita.
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